Il segreto del successo della sharing economy
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In Europa la sharing economy, il modello economico basato sulla condivisione di beni e servizi, rappresenta già un giro d’affari da 28 miliardi di euro, ma le stime prevedono che raggiungerà gli oltre 570 miliardi entro il 2025.
Il boom dell’economia della condivisione
Il nostro rapporto con le cose sta cambiando: sempre più persone usano servizi di car-sharing o bike-sharing invece di comprare un’auto o una bicicletta, cresce il numero di abbonati ai servizi di streaming e calano gli acquisti di CD e DVD, persino nel mercato immobiliare gli affitti temporanei hanno superato le soluzioni a lungo termine. In altre parole, stiamo gradualmente passando da una società del possesso a una società dell’accesso, in cui è sempre meno importante possedere qualcosa, purché sia possibile usarlo o accedervi in maniera pratica e conveniente in qualsiasi momento. Forse è per questo che le aziende che sfruttano i principi della sharing economy stanno conoscendo una vera e propria epoca d’oro: dai servizi di car-sharing e bike-sharing come Uber o Lime, al gigante degli affitti a breve termine Homeexchange, sempre più start-up arrivano al successo facilitando la condivisione di risorse fra membri di una stessa comunità. Risorse che rimarrebbero altrimenti sotto-utilizzate: un’indagine del Brookings Institute rivela infatti che la maggior parte delle vetture private rimane inutilizzata per il 95% del tempo. La stessa cosa succede a stanze o appartamenti sfitti. I servizi basati sulla condivisione, come Zipcar o AirBnB, consentono invece di trasformare i tempi morti di utilizzo in una fonte di guadagno e offrire comunque un prezzo vantaggioso agli utenti finali: le tariffe di AirBnB, ad esempio, sono in media più economiche del 30-60% rispetto agli alberghi convenzionali.
Tradizionalmente, la sharing economy viene semplicemente descritta come un modello economico basato sull’accesso, l’utilizzo e la condivisione di beni e servizi, ma uno degli aspetti cruciali di questo modello sono le infrastrutture che regolano la condivisione delle risorse fra i membri della comunità. Per questo è solo grazie all’avvento di piattaforme e start-up come Lyft o Grub che è stato possibile per un numero sempre maggiore di persone condividere oggetti, conoscenze, servizi. Neighborgoods, ad esempio, permette di condividere con amici e vicini di casa oggetti di uso comune come taglia-erbe, trapani e altri attrezzi per il fai-da-te, oltre a scooter e biciclette. Poshmark, invece, consente di vendere e scambiare i propri abiti inutilizzati con gli altri utenti del sito.
Perché si sceglie la condivisione
Cosa spinge sempre più persone a scegliere la condivisione? Un recente studio ha scoperto che a motivare i partecipanti della sharing economy sono principalmente i vantaggi dal punto di vista economico, sociale e della sostenibilità. Se da un lato è infatti ovvio come condividere un bene o un servizio dia la possibilità di usufruirne a un prezzo più conveniente, per quanto riguarda l’aspetto sociale è proprio la partecipazione alla comunità a permettere di instaurare legami forti con gli altri, basati sulla fiducia e il reciproco vantaggio. La sostenibilità, in particolare, è uno dei punti di forza dell’economia collaborativa: il settore della mobilità condivisa, uno dei comparti più sviluppati della sharing economy, ha un deciso impatto positivo dal punto di vista ambientale, confermato da recenti stime secondo cui ogni auto condivisa elimina altre dieci vetture dalla circolazione. In questo modo la condivisione rende possibile un uso migliore e più sostenibile delle risorse: si spreca meno e si acquista anche molto meno.
E paradossalmente, pur possedendo meno, chi sceglie di partecipare all’economia della condivisione finisce per avere accesso a più risorse e opportunità di quanto non gli sarebbe stato possibile altrimenti. Così la sharing economy finisce per garantire non soltanto una maggiore flessibilità, sollevandoci dall’obbligo di possedere tutto ciò di cui abbiamo bisogno, ma anche una maggiore indipendenza, permettendoci di usufruire anche di ciò che non avremmo potuto altrimenti acquistare.
Anche il lavoro diventa condiviso
La maggior parte dei servizi dedicati alla condivisione riguarda l’ambito della vita privata, ma è sul mondo del lavoro che la sharing economy ha avuto l’impatto più visibile. Il fenomeno del co-working, in particolare, è una delle tendenza di maggior successo nate dalla filosofia collaborativa. Condividere scrivanie, uffici e sale riunioni con altri professionisti, imprenditori e freelance funziona perché oltre ad abbattere i costi di gestione, incoraggia a coltivare la dimensione sociale. Lavorare in un coworking aiuta a costruire una rete di contatti professionali in un ambiente che offre tutti i vantaggi dell’ufficio tradizionale, senza imporre nessuna delle sue restrizioni.
Ma non sono soltanto gli spazi di lavoro a essere condivisi, sempre più spesso si condividono anche infrastrutture e servizi. È questo il caso, ad esempio, del segretariato virtuale: professionisti, imprese e freelance che non possono assumere una segretaria in carne e ossa (magari perché poco pratico, o eccessivamente costoso) scelgono invece di condividere un team di assistenti virtuali. Questo permette a tutti di contare sui vantaggi di una segretaria virtuale qualificata in qualsiasi momento, senza doversi sobbarcare le spese di gestione del personale.