Workation: quando il lavoro (agile) va in vacanza
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Il lavoro agile o smart work conquista sempre più italiani, soprattutto durante le vacanze, quando lavorare in remoto permette di ritardare il rientro in ufficio.
Lavorare in vacanza per combattere lo stress da rientro
Un’indagine condotta da Axess Public Relations, agenzia italiana specializzata in pubbliche relazioni, ha rilevato che il 66% dei lavoratori italiani preferisce portarsi il lavoro in vacanza piuttosto che accorciare anche solo di qualche giorno la durata delle ferie. Lavorare in remoto dal luogo di villeggiatura è per molti un modo per passare più tempo con i propri cari e prolungare di qualche giorno le vacanze, ma secondo il presidente di Axess Public Relations Dario Francolino aiuterebbe anche ad alleviare il cosiddetto ‘stress da rientro’ in ufficio, un fenomeno che interessa ogni estate quasi sei milioni di italiani.
Lo stress del rientro dalle vacanze, pur non essendo considerato una vera e propria patologia, è una condizione caratterizzata dall’insorgere di ansia, insonnia, nervosismo e spossatezza, che rende difficile mantenere la concentrazione sul lavoro e che può portare, nei casi più gravi, allo sviluppo di sindromi ansiose o depressive. Ricominciare a lavorare da remoto mentre si è ancora in ferie servirebbe dunque a rendere più graduale il passaggio dalla vacanza al lavoro, facilitando il ritorno in ufficio.
Il fascino discreto della workation
In realtà, più che riabituarsi al lavoro dopo le ferie, per gli italiani la cosa più difficile sembra essere proprio staccare la spina e godersi le vacanze lontano dalla scrivania: secondo un sondaggio di Infojobs più del 70% dei lavoratori italiani non riesce a smettere di pensare al lavoro neppure durante le ferie e il 24% si mantiene in contatto costante con l’ufficio e i colleghi anche mentre si trova al mare o in montagna. Scegliere di lavorare anche in vacanza diventa così, oltre che un modo per attenuare la sindrome del rientro, anche un mezzo per alleviare le ansie di chi non riesce a staccare dal lavoro. La flessibilità e l’autonomia nella scelta degli orari e degli spazi che caratterizzano il lavoro agile consentono infatti di conciliare ferie e lavoro più facilmente che in passato. Il fenomeno ha persino un nome: workation, neologismo derivato dalla fusione di work e vacation. I sostenitori di questa modalità lavorativa sottolineano come la pratica della workation permetta di andare in vacanza più spesso, anche in momenti diversi dalla consueta stagione estiva, e consenta di alternare attività tradizionalmente legate ai momenti di riposo (come gite ed escursioni) a momenti dedicati al lavoro, garantendo un maggiore equilibrio fra vita privata e impegni professionali.
Stimolare la creatività senza cedere al superlavoro
Ai nuovi nomadi digitali, ossia tutti quei freelance e liberi professionisti che svolgono attività non legate a uno specifico luogo o ufficio fisico, la workation dà la possibilità di cambiare scenario e concedersi una pausa anche nei periodi più impegnativi dal punto di vista lavorativo, senza dover rinunciare ai potenziali guadagni. Per i dipendenti di aziende che offrono la possibilità di lavorare in remoto, inoltre, la workation è un buon modo per potersi allontanare dall’ufficio, magari per passare qualche giorno con gli amici o la famiglia, senza essere costretti a intaccare il proprio monte ferie annuale. Soprattutto per chi svolge professioni creative, concedersi una workation può aiutare a ricaricare le batterie e rimettere in moto le idee: per questo in Italia, così come nel resto del mondo, si moltiplicano le offerte di workation camp, ritiri collettivi dedicati al co-working in ambienti tradizionalmente dedicati al riposo, che promettono di offrire nuovi stimoli e riaccendere la creatività.
Tuttavia, nonostante i potenziali benefici delle workation, l’abitudine di mescolare lavoro e riposo rischia alla lunga di rendere sempre più sfocata la distinzione fra vita privata e vita lavorativa, rendendoci di fatto incapaci di allontanarci mentalmente dall’ufficio e dedicarci completamente al relax. Il rischio infatti è che la workation diventi un prolungamento di quella filosofia di vita always-on che porta sempre più persone a diventare dipendenti dal proprio lavoro, con gravi ripercussioni sulla salute sia fisica che mentale. I freelance e i liberi professionisti, in particolare, rappresentano due fra le categorie più a rischio di dipendenza da lavoro, proprio per le caratteristiche di flessibilità e autonomia che caratterizzano la libera professione.
Per evitare che la workation diventi l’unica modalità di vacanza, oltre che una scusa per non allontanarsi mai realmente dai propri impegni lavorativi, la soluzione è quella di alternarla a momenti di ferie che siano assolutamente dedicati al riposo e al relax, da trascorrere lontani dal computer, dalle email di lavoro e dalle telefonate dei colleghi. Le ferie non sono infatti uno spreco di tempo, ma un vero e proprio investimento: come dimostrano i risultati di una ricerca di The Economist, le vacanze e i momenti di riposo servono a renderci più produttivi, più creativi e più motivati.