Stai davvero ascoltando?
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La maggior parte di noi non è davvero capace di ascoltare gli altri e si sente poco ascoltata a sua volta. La chiave per superare questo impasse comunicativo è coltivare la sintonia e la curiosità verso l’altro.
Incapaci di ascoltare
Tutti abbiamo avuto a che fare con qualcuno che sembrava non ascoltarci davvero mentre stavamo parlando. Potremmo essercene accorti perché il suo sguardo vagava altrove, perché ci interrompeva continuamente o perché rispondeva con vaghezza alle nostre domande. In ogni caso il segnale era chiaro: non sto ascoltando. E con tutta probabilità anche a noi sarà capitato qualche volta di non essere stati buoni ascoltatori, magari perché troppo distratti o stanchi o annoiati. Secondo Kate Murphy, autrice di L’arte di saper ascoltare. Che cosa ti perdi se non ascolti e perché è importante, la diffusa incapacità di ascoltare è una vera e propria emergenza comunicativa. Murphy sottolinea come il non sentirsi ascoltati sia una delle lamentele più comuni fra le persone. In altre parole: non ci sentiamo ascoltati e non sappiamo ascoltare gli altri.
Per Murphy si tratta in primis di una questione di cattivi modelli: i media, la politica e i social promuovono un approccio alla comunicazione che ha lo scopo di ‘dominare’ la conversazione e catalizzare l’attenzione. Ma adottando questa prospettiva siamo stimolati a mantenere l’attenzione centrata su noi stessi e sui nostri bisogni comunicativi. Ecco allora che ci troviamo a dirottare la conversazione sull’argomento che ci sta a cuore, o a incalzare l’altro con impazienza (finendo le sue frasi, tamburellando con le dita) o ancora a distrarci controllando le notifiche dello smartphone.
Una questione di sintonia
Essere cattivi ascoltatori non significa però avere cattive intenzioni: nella maggior parte dei casi è il desiderio di aiutare la conversazione a procedere che ci porta a interrompere l’interlocutore o a portare il discorso in una direzione precisa. Secondo Murphy, questo atteggiamento nasce spesso dalla convinzione di sapere già cosa l’altro vuol dirci, ma anche dall’idea che ogni conversazione debba avere uno scopo, un valore evidente. Questo spesso incoraggia a cercare di ‘strizzare’ tutto il valore nel minor tempo possibile, accelerando i naturali ritmi della conversazione.
In realtà, ciò che più conta per una buona comunicazione è la sintonia fra i partecipanti, una sintonia che richiede tempo e pazienza. Una buona conversazione è come giocare a lanciarsi la palla: il ritmo e l’intesa fra i partecipanti contano molto più della capacità di ciascuno dei due di lanciare la palla velocemente o con forza. A confermarlo è la ricerca: il neuroscienziato Uri Hasson ha dimostrato, con un’analisi basata sulle risonanze magnetiche, che maggiore è la sovrapposizione tra l’attività cerebrale del parlante e quella dell’ascoltatore, migliore è la comunicazione.
Saper ascoltare richiede curiosità
Nella vita privata l’incapacità di ascoltare può avere effetti disastrosi sui rapporti con gli altri e il benessere personale, ma anche la vita lavorativa risente di questa carenza comunicativa. La ricerca ha ripetutamente messo in luce come la capacità di ascoltare di chi si trova a ricoprire una posizione di leadership si ripercuota direttamente sulla produttività, sul tasso di innovazione e sulla qualità dell’ambiente di lavoro. In altre parole, i leader migliori sono quelli che più sono capaci di ascoltare l’altro, mettendo da parte il proprio punto di vista e lasciando all’interlocutore il tempo di parlare.
La capacità di ascoltare è direttamente collegata alla curiosità e all’interesse: basta osservare come la nostra attenzione sia immediatamente sollecitata quando la conversazione tocca un argomento per noi rilevante o quando vogliamo ottenere maggiori informazioni su di esso. È proprio questo tipo di genuina curiosità nei confronti di ciò che l’altro può avere da dirci e da insegnarci che permette di rimanere aperti a nuove prospettive e nuovi approcci.
Diventare ascoltatori migliori
La chiave per imparare ad ascoltare con attenzione gli altri è la pratica. Imparare a praticare il cosiddetto ascolto attivo è infatti soltanto una questione di esercizio. Ecco alcuni consigli per cominciare:
- Lasciare spazio all’altro, dandogli il tempo di organizzare le proprie idee e trovare le parole più adatte per esprimerle. Evitiamo di incalzarlo o di mostrare apertamente impazienza.
- Mettere da parte la propria prospettiva, almeno temporaneamente, per guardare le cose dal punto di vista dell’altro. Questo significa anche rimandare eventuali obiezioni a un secondo momento.
- Osservare i segnali non verbali, per capire meglio lo stato d’animo e le intenzioni del nostro interlocutore. Se l’altro ci appare agitato o irritato, evitiamo di pressarlo e diamogli il tempo di calmarsi.
- Fare domande quando necessario, evitando però di interrompere la conversazione continuamente per chiedere spiegazioni. Limitiamoci a fare domande solo quando non siamo sicuri di aver capito qualcosa di importante, senza spezzare il ritmo del discorso per chiarire subito ogni dettaglio.
- Tenere a bada le emozioni, soprattutto quando vengono espresse opinioni che potrebbero suscitare reazioni negative e nelle situazioni di conflitto. Se necessario, possiamo anche fare una breve pausa e riprendere la conversazione più avanti.