Smart work e flessibilità, così la pandemia ci ha resi più produttivi
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Nel 2020, nonostante le restrizioni dovute all’epidemia di COVID-19, la produttività dei lavoratori italiani è aumentata: tutto merito della diffusione dello smart work e di maggiori autonomia e flessibilità?
La produttività italiana in crescita durante la pandemia
Una scoperta sorprendente quanto positiva: durante il periodo di pandemia, in Italia si è verificato un significativo aumento della produttività. Secondo il recente rapporto pubblicato da ISTAT, durante l’epidemia di COVID-19 la produttività dei lavoratori italiani è cresciuta dell’1,3%. Si tratta di un caso più unico che raro: quello italiano è infatti il tasso di crescita più alto rilevato nell’intera Unione Europea nel 2020. Durante il primo anno di pandemia, infatti, gli altri paesi europei (ad esclusione della Germania) hanno mostrato una forte tendenza negativa in termini di produttività. La produttività del lavoro in Italia è cresciuta soprattutto nel settore dei servizi e in particolare di quelli relativi alle attività finanziarie e assicurative (+6,3%) e nel campo dell’istruzione, della sanità e dei servizi di assistenza sociale (+5,7%).
Ma a cosa è dovuto questo incremento nella produttività? Anche se il rapporto ISTAT non si pronuncia sui fattori che hanno determinato la crescita, i dati sono in linea con quelli di altre fonti, che individuano nell’adozione massiccia del lavoro agile uno dei fattori più importanti per spiegare il fenomeno.
Più produttivi con il lavoro agile
Che lo smart work sia legato a un aumento della produttività era già cosa nota prima dell’emergenza COVID-19. Già nel 2017 uno studio del centro di ricerca Carlo Dondena dell’Università Bocconi aveva infatti evidenziato come mettendo a confronto due gruppi di lavoratori, uno assegnato a lavorare in modalità tradizionale e l’altro in modalità agile, si registrasse una produttività più alta del 3-4% negli smart worker.
Non solo, i lavoratori agili sono anche più soddisfatti della loro vita sociale, si godono maggiormente il tempo libero e le attività quotidiane e affermano di essere più capaci di concentrarsi, prendere decisioni, affrontare difficoltà e problemi. Come si legge in un successivo rapporto dell’istituto: «I nostri risultati suggeriscono che la promozione dello smart work è un modo efficace per aumentare la produttività e migliorare il benessere e l’equilibrio tra lavoro e vita privata».
La motivazione cresce quando cresce l’autonomia
Poter contare su una maggiore flessibilità riguardo gli orari e le modalità di lavoro è uno dei punti di forza dello smart work, perché garantisce una migliore gestione del tempo e dunque delle energie. Questo potrebbe certamente essere il meccanismo che rende più produttivi quando si ha la possibilità di lavorare in modalità agile, ma c’è di più: godere di maggiore autonomia è anche un toccasana per la motivazione. Secondo Daniel H. Pink, autore di un libro e di una TED Talk sulla scienza della motivazione, i veri motori della motivazione personale sono tre: autonomia, possibilità di crescita professionale e uno scopo in linea con i propri valori personali.
La modalità di lavoro smart non implica soltanto una maggiore autonomia nella gestione degli orari e dei luoghi di lavoro, ma la sua massiccia adozione ha ridefinito drasticamente il concetto stesso di rendimento sul lavoro: i risultati si misurano sempre meno in termini di ore passate alla scrivania e sempre più in termini di raggiungimento degli obiettivi concordati da lavoratore e azienda.
Chi lavora da casa lavora di più
Lo smart work garantisce quindi maggiore flessibilità e maggiore autonomia, ma si traduce anche in un maggior numero di ore lavorate. Secondo un’indagine di NordVPN, quando le persone lavorano da casa tendono a lavorare più a lungo rispetto a quando si trovano in ufficio. I rilevamenti effettuati negli Stati Uniti, in Francia, Spagna e nel Regno Unito, mostrano come gli smart worker lavorino in media due ore e mezza in più al giorno. Il merito è soprattutto dell’eliminazione dei trasferimenti casa-lavoro e viceversa: il tempo che sarebbe stato speso in auto o sui mezzi pubblici si trasforma spesso in un maggior numero di ore passate alla scrivania.
L’aumento nel numero di ore lavorate da remoto non è tuttavia esente da rischi: la sindrome da burnout è infatti sempre in agguato, soprattutto per liberi professionisti e freelance. Per questo si parla sempre più spesso di ‘diritto alla disconnessione’. Recentemente, lo stesso Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione volta a proteggere i diritti dei lavoratori in remoto e degli smart worker a non essere raggiungibili al di fuori dei normali orari di lavoro.