Odi il tuo lavoro? Ecco perché.
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Anche se sei abbastanza fortunato da avere un lavoro remunerativo, molto probabilmente non sei proprio entusiasta di alzarti la mattina per recarti in ufficio, pensi che il tuo lavoro non ti gratifichi abbastanza, e trovi difficile portare a termine le tue mansioni in mezzo a mille distrazioni. Per finire, molto probabilmente pensi che ciò che stai facendo in ufficio non abbia alcun senso e non faccia alcuna differenza nella tua vita. Spesso, quando torni a casa, ti senti completamente spossato, ma devi comunque continuare a rispondere alle email fino a quando non finisci per crollare addormentato sul tuo computer. Ti riconosci anche tu in questo profilo? Non sei il solo. Il quadro appena descritto è sempre più frequente, non solo tra i manager di medio livello, ma anche tra gli impiegati di molte imprese.
Srinivasan S. Pillay, psichiatra e docente universitario presso la Harvard Medical School che studia il fenomeno del burnout, ha recentemente sottoposto un sondaggio a un campione di 72 leader d’impresa e quasi tutti hanno riferito di aver notato cause di burnout sul lavoro.
Il lavoro vissuto come esperienza demotivante
Fanno pensare i dati portati alla luce da un recente studio promosso da Gallup (agenzia che conduce ricerche di mercato e sondaggi di opinione), che mostrano come in Italia soltanto il 14% dei lavoratori si dichiari motivato a svolgere il proprio lavoro, mentre ben il 67% afferma decisamente il contrario. Considerando la cosa da un punto di vista mondiale, dallo studio emerge che in media soltanto il 13% dei lavoratori nel 2013 ha dichiarato di essere motivato a svolgere con impegno il proprio lavoro.
Analizzando i risultati con un linguaggio più “spicciolo”, è evidente che per la maggior parte delle persone il lavoro rappresenta un’esperienza snervante e deprimente. Perché? Il tempo che ci viene richiesto sul lavoro sta superando di gran lunga le nostre capacità, privandoci delle energie di cui abbiamo bisogno per esprimere pienamente le nostre inclinazioni e mettere a frutto i nostri talenti. La diffusione della tecnologia digitale rappresenta forse uno dei fattori più determinanti in questo processo, dal momento che ci espone ad un carico di informazioni senza precedenti, e ci costringe a leggere e rispondere ad ogni ora del giorno e della notte.
Il disagio dei lavoratori in cifre
Uno studio condotto nel 2013 da The Energy Project (azienda che si occupa di migliorare la motivazione del personale dipendente) su un campione di 12.115 lavoratori, ha dimostrato che molti di questi sentono la mancanza di uno spazio di lavoro adeguato. Ecco una panoramica dei dati più significativi.
Per comprendere quali fattori siano maggiormente determinanti per motivare il personale e incentivare la produttività sul posto di lavoro, The Energy Project ha condotto insieme alla Harvard Business School un sondaggio su un campione di 12.000 impiegati di un’ampia fascia di imprese e aziende negli Stati Uniti. Il sondaggio è stato inoltre somministrato sia ai dipendenti di un’azienda manifatturiera (con 6.000 impiegati) che ad un’azienda nel settore dei servizi finanziari (con 2.500 impiegati). I risultati si sono dimostrati sorprendentemente simili in tutte e tre le fasce di lavoratori intervistati.
I fattori che aumentano la soddisfazione del personale
In linea generale, dallo studio si può dedurre che gli impiegati sono molto più soddisfatti e produttivi quando sul posto di lavoro vengono soddisfatti i loro bisogni primari. Nello specifico, questi bisogni sono di quattro tipi:
- Fisico: il bisogno di ricaricarsi e rigenerarsi durante il lavoro;
- Emotivo: il bisogno di sentirsi valorizzati e gratificati dal proprio superiore;
- Mentale: il bisogno di concentrarsi sulle mansioni più importanti e di stabilire le priorità;
- Spirituale: il bisogno di utilizzare le proprie capacità e sentirsi connessi ad uno scopo più alto mentre si sta svolgendo il proprio lavoro.
Più le imprese e le organizzazioni riescono a supportare in maniera efficace questi bisogni centrali dei lavoratori, più questi ultimi avranno la possibilità di connettere il proprio lavoro a sensazioni positive come la soddisfazione, la motivazione, la lealtà nei confronti dell’azienda.
È grazie a studi del genere che la motivazione del personale – definita come coinvolgimento, impegno, passione, entusiasmo, energia che mira al raggiungimento di uno scopo – può essere messa in relazione a performance aziendali più elevate.
È sempre l’agenzia Gallup a dimostrare nel 2012, in uno studio che ha coinvolto più di 192 aziende, che le imprese con la percentuale più alta di dipendenti motivati registrano il 22 % in più di redditività, il 10% in più di clienti e il 48% in meno di incidenti sul lavoro rispetto alle imprese in cui i dipendenti sono più demotivati.
Detto in parole semplici, il modo in cui le persone si sentono al lavoro influenza profondamente le loro performance e il modo in cui realizzano le proprie mansioni. Lo studio di The Energy Project dimostra quindi l’enorme impatto che le imprese potrebbero avere sulla propria produzione interna, se solo decidessero di investire sul soddisfacimento dei quattro bisogni centrali del personale dipendente.
I quattro bisogni fondamentali dei dipendenti: ecco in concreto come incidono sulla produttività
1. Rigenerazione fisica e mentale: gli impiegati che fanno una pausa almeno ogni 90 minuti hanno registrato il 30% in più di capacità di concentrazione rispetto ai dipendenti che non prendono affatto pause, o che fanno soltanto una pausa durante l’intera giornata. Queste persone hanno inoltre registrato una capacità di pensiero creativo maggiore del 50%, e un livello di salute e benessere maggiore del 46% rispetto agli altri impiegati. Più un dipendente va oltre le 40 ore lavorative, più lavora in maniera ininterrotta, più aumenta il senso di malessere e di demotivazione. In contrasto, sentirsi incoraggiati dal proprio team leader o dal proprio superiore a concedersi delle pause regolari, aumenta quasi del 100% la probabilità che un dipendente scelga di continuare a lavorare una determinata azienda (anziché cercare un lavoro alternativo), oltre a raddoppiare il suo senso di benessere sul lavoro.
2. Valorizzazione: per un dipendente, l’interesse dimostrato da un superiore nei confronti del proprio lavoro ha un impatto molto più significativo per la creazione di un senso di fiducia e di sicurezza nei confronti dell’azienda per la quale lavora. I dipendenti che affermano di sentirsi più supportati e valorizzati dai propri superiori hanno l’1,3% delle possibilità in più di restare legati all’azienda e sono più motivati del 67% rispetto ai dipendenti che sostengono di avere dei superiori che non li valorizzano.
3. Concentrazione: soltanto il 20 % dei dipendenti oggetto dello studio ha affermato di avere la possibilità di concentrarsi su una mansione alla volta durante il lavoro, e coloro che hanno risposto positivamente hanno dimostrato un livello di motivazione maggiore del 50%. In maniera simile, soltanto un terzo degli intervistati ha affermato di riuscire a dare priorità in maniera efficace alle proprie mansioni lavorative, e chi ha risposto positivamente ha dimostrato di avere quasi il doppio della capacità di concentrarsi su una cosa alla volta. In parole più semplici: la possibilità di concentrarsi e dare priorità alle proprie mansioni va di pari passo con la motivazione del personale.
4. Senso e scopo: I dipendenti che hanno affermato di trovare un senso e un significato nel proprio lavoro hanno dimostrato di essere tre volte più inclini a restare all’interno della propria azienda rispetto ai dipendenti che invece non trovano un senso in ciò che fanno al lavoro. Oltre a ciò, questi dipendenti hanno dimostrato di avere un grado di soddisfazione del proprio lavoro 1,7 volte superiore e un livello di motivazione 1,4 volte maggiore rispetto agli altri impiegati.
Fonte: http://www.nytimes.com/2014/06/01/opinion/sunday/why-you-hate-work.html
Se i dipendenti si sentono più valorizzati, motivati e concentrati, anche le loro prestazioni sono migliori. Alla luce di queste ricerche, ogni datore di lavoro che – oltre a preoccuparsi della questione etica in sé – abbia a cuore il successo della propria impresa, dovrebbe porsi questa semplice domanda: “Quanto sono disposto ad investire per soddisfare i bisogni dei miei dipendenti?”. A voi la risposta.