I nemici del deep work

I nemici del deep work

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Il deep work è uno degli approcci più produttivi al lavoro, ma per farlo funzionare è fondamentale sapersi difendere dai nemici della concentrazione.

Deep work per la massima produttività

Il deep work è una modalità lavorativa in cui ci si dedica con la massima concentrazione a un compito specifico. Questo approccio al lavoro è stato descritto per la prima volta da Cal Newport, docente presso la Georgetown University (e autore del libro Deep Work: Rules for Focused Success in a Distracted World), come antidoto all’emorragia di attenzione che caratterizza il mondo moderno. Il costante bombardamento di informazioni a cui siamo esposti rischia infatti di erodere progressivamente la nostra capacità di concentrazione. Questo perché siamo incoraggiati a frammentare la nostra attenzione, complice anche la diffusione sempre più massiccia di smartphone e Internet.

Quando la nostra attenzione si divide fra più attività diverse (come lavorare, controllare le email, scrollare le notifiche social, ecc.) ci troviamo in uno stato di frenetico multitasking che compromette la nostra produttività e la qualità del nostro lavoro. Secondo Newport per essere davvero produttivi bisogna sviluppare la capacità di dedicarsi con la massima attenzione a un singolo compito per periodi prolungati. Il deep work si contrappone così al lavoro più superficiale, che non richiede una concentrazione intensa e che viene eseguito quasi in automatico. In questo senso il concetto di deep work è molto simile allo stato di flow descritto da artisti, musicisti e sportivi, in cui si è totalmente assorti in un’attività, al punto da dimenticare tutto ciò che ci circonda.

Difficoltà di concentrazione?

Imparare a mantenere la concentrazione per periodi prolungati non è però cosa da poco, soprattutto quando non si è abituati a farlo regolarmente. Gli ostacoli più grandi alla pratica del deep work sono tre:

  • Multitasking: senza dubbio il principale nemico del deep work, quello del multitasking è un mito duro a morire. Le più recenti ricerche scientifiche hanno dimostrato ripetutamente che il cervello umano non è davvero in grado di fare più cose contemporaneamente e quello che chiamiamo multitasking è in realtà un costante spostare l’attenzione fra una cosa e l’altra. Questo si ripercuote negativamente sulla performance e sovraffatica la nostra mente.
  • Interruzioni: quando si riesce finalmente a raggiungere uno stato di concentrazione, non c’è niente di peggio che essere interrotti dal bussare di un collega alla porta o dallo squillo improvviso del telefono. Secondo uno studio della Irvine University servirebbero addirittura 25 minuti per ritrovare la concentrazione dopo ciascuna interruzione. Le interruzioni inoltre aumentano il numero di errori commessi nei compiti che richiedono concentrazione: nello studio, un’interruzione di soli 2,8 secondi è bastata a far raddoppiare il numero di errori!
  • Distrazioni: se le interruzioni sono generalmente di natura esterna, le distrazioni sono motivate invece da stimoli interni. La tentazione di controllare il telefono per vedere se sono arrivati nuovi messaggi o il pensiero delle email a cui rispondere sono impulsi tanto normali quanto dannosi per la concentrazione. Le distrazioni sono un fenomeno estremamente diffuso: il 99% dei lavoratori dipendenti dichiara di esserne vittima quotidianamente e pensa che questo comprometta negativamente la propria produttività.

Come difendersi dai nemici del deep work

La prima regola per coltivare la pratica del deep work è quella di evitare a tutti i costi il multitasking. Quando passiamo da un compito all’altro più volte, parte della nostra attenzione rimane infatti bloccata sulla prima attività. L’accumularsi di questi ‘residui di attenzione’ non fa che diminuire il potenziale di concentrazione al quale possiamo attingere.

In secondo luogo, è bene ricordare che il deep work richiede più energie mentali per mantenere la concentrazione e può farci sentire più affaticati più velocemente. Per questo è consigliabile limitarsi inizialmente a lavorare in questa modalità per intervalli di tempo limitati, un’ora o due per esempio, per poi aumentare la durata progressivamente. La soluzione migliore è quella di programmare una o due sessioni di deep work alla settimana.

Pianificare le sessioni di deep work aiuta anche a proteggersi dalle interruzioni, uno dei nemici più insidiosi della concentrazione. Una volta scelto l’orario più adatto possiamo informare per tempo colleghi e collaboratori che non saremo disponibili e silenziare il telefono, delegando la gestione delle chiamate a un servizio di segretariato virtuale. Se il problema è l’ambiente d’ufficio o le chiacchiere dei colleghi, possiamo optare per uno spazio di coworking o per una sessione di lavoro in remoto.

Infine, per sfruttare al massimo i momenti di deep work dobbiamo minimizzare le fonti di distrazione. Prima di cominciare la sessione dovremmo, ad esempio, silenziare le notifiche dello smartphone, chiudere il programma di posta elettronica e abbassare (o spegnere) la musica in sottofondo. Se la distrazione rimane un problema, potrebbe essere un segnale di affaticamento: in quel caso, meglio prendersi qualche minuto di pausa.