Liberi professionisti: attenti alla sindrome da burnout!
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Recenti studi hanno messo in luce come la categoria dei liberi professionisti sia particolarmente soggetta a un particolare tipo di stress cronico chiamato sindrome da burnout.
Lo stress e il burnout
La sindrome da burnout è una patologia insidiosa che può significativamente compromettere la produttività e il benessere psicofisico degli individui che ne sono affetti. Descritta per la prima volta negli anni ’70 come «un esaurimento emotivo e psicologico dell’individuo rispetto al proprio lavoro», la sindrome da burnout è stata inizialmente osservata in coloro che esercitano le cosiddette professioni d’aiuto (infermieri, medici, ma anche assistenti sociali e appartenenti alle forze dell’ordine) e che sono costretti a confrontarsi quotidianamente con situazioni stressanti «in attività che implicano le relazioni interpersonali».
Ricerche successive hanno tuttavia evidenziato come la sindrome da burnout sia comune a tutti gli ambiti lavorativi in cui si è sottoposti a fattori stressanti per periodi prolungati e due recenti studi hanno identificato nei liberi professionisti una delle categorie più a rischio, proprio a causa degli aspetti peculiari che caratterizzano il lavoro autonomo.
Come si manifesta la sindrome da burnout?
Il burnout è il risultato di un processo stressogeno intenso e prolungato, che secondo gli psicologi del lavoro può finire per trasformarsi in una condizione cronica dagli effetti anche molto gravi. I sintomi iniziali vanno dalla mancanza di energie e di motivazione sul lavoro a una pronunciata irritabilità, ma con il passare del tempo lo stress accumulato può portare a sviluppare disturbi di tipo ansioso che secondo Christina Maslach, psicologa presso l’università di Berkeley ed esperta della sindrome da burnout, possono finire per sfociare in veri e propri episodi di depressione.
Nonostante i primi sintomi siano di carattere psicologico e comportamentale, lo stress che causa la sindrome da burnout ha anche importanti ripercussioni sul piano fisico: chi è colpito da questa patologia soffre spesso di insonnia cronica, nonché di disturbi dell’apparato digerente come la gastrite o la sindrome del colon irritabile e mostra anche una ridotta reattività del sistema immunitario, che può rendere più lungo e complicato riprendersi persino da un comune raffreddore.
Perché i liberi professionisti sono particolarmente a rischio?
Secondo la ricerca condotta da Jade Barclay per l’Australian Institute of Business a esporre i liberi professionisti a un maggior rischio di sindrome da burnout sono in larga misura gli stessi fattori che li spingono a scegliere il lavoro autonomo. Dalle interviste condotte durante lo studio è emerso che una delle ragioni più frequenti che spingono a esercitare la libera professione è il desiderio di avere più controllo sul proprio tempo e sul proprio lavoro, ma i dati evidenziano anche come sentirsi padroni del proprio tempo possa far perdere di vista più facilmente la necessità di raggiungere un buon equilibrio fra lavoro e tempo libero.
Inoltre, la ricerca di autonomia può condurre all’isolamento professionale, fenomeno che interessa i liberi professionisti più di ogni altra categoria, soprattutto se questi svolgono un’attività che richiede un numero limitato di contatti con l’esterno. Il ruolo giocato dall’isolamento nel contesto della sindrome da burnout riguarda principalmente la risposta dell’individuo ai fattori stressanti: secondo i risultati di uno studio pubblicato nel Journal of Occupational Health Psychology l’assenza di collaboratori o colleghi con i quali parlare e confrontarsi su tematiche relative alla sfera professionale rende molto più difficile gestire lo stress sul lavoro.
Infine, sebbene molteplici ricerche dimostrino come i liberi professionisti siano in generale più soddisfatti del proprio lavoro rispetto ai lavoratori dipendenti, le minori tutele di cui godono e la maggiore instabilità economica alla quale sono soggetti per via della condizione stessa di lavoratori autonomi li rende più inclini al superlavoro. Molti liberi professionisti sono ossessionati dall’idea di dover lavorare quanto più possibile, per poter guadagnare a sufficienza da garantirsi tranquillità economica anche nei periodi di minor attività, ma questa mentalità si traduce facilmente in orari prolungati, assenza di ferie e incapacità di trovare tempo per se stessi.
Come prevenire la sindrome da burnout?
Secondo Barclay, la cosa più importante che i liberi professionisti possono fare per scongiurare la sindrome da burnout è riconoscere i sintomi iniziali e intervenire tempestivamente con strategie pensate per minimizzare l’impatto dello stress. Fra le raccomandazioni ritenute più efficaci c’è quella di non rinunciare all’attività fisica: dieci minuti al giorno di camminata, specialmente se in mezzo alla natura, possono essere sufficienti a mitigare l’ansia e ridurre l’impatto dei fattori stressogeni.
Per quanto riguarda l’approccio al lavoro poi, imparare a investire nel riposo e dare più importanza all’equilibrio fra lavoro e vita privata può migliorare tanto lo stato di salute che il rendimento: dedicare del tempo a se stessi e alle proprie passioni non è infatti soltanto un’ottima strategia per allontanare lo stress e ricaricare le batterie, ma consente anche di affrontare il lavoro con più energia e motivazione.