Il segreto della comunicazione? Ascoltare, prima di parlare
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Chi domina le conversazioni viene spesso percepito come piùcapace e competente rispetto a chi resta in silenzio, ma il segreto di una comunicazione efficace risiede proprio nella capacitàdi ascoltare.
Se la chiave del successo è saper ascoltare
«In una conversazione, la maggior parte di noi non ascolta per capire, ma per decidere come rispondere». A dirlo è Stephen R. Covey, autore del bestseller internazionale Le sette regole per avere successo in cui esamina le caratteristiche e le abitudini di quelle che vengono definite ‘persone di successo’, individui estremamente efficaci e produttivi che sembrano in grado di superare qualsiasi difficoltà per raggiungere i propri obiettivi. Fra queste caratteristiche si trova anche la capacità di ascoltare gli altri con attenzione e reale partecipazione: una qualità preziosa in un mondo in cui sempre meno persone sembrano capaci di farlo.
Proprio grazie alla loro capacità di ascoltare con genuina empatia, anziché preoccuparsi di essere compresi e ascoltati per primi, questi individui riescono a creare attorno a sé un’atmosfera serena e collaborativa, che spinge gli altri a comunicare apertamente i propri dubbi e le proprie idee, ma che li rendere anche più propensi ad ascoltare a propria volta. Questo ‘circolo virtuoso’ di ascolto reciproco è il fulcro della differenza fra un ambiente di lavoro produttivo che incoraggia lo scambio di idee e un ambiente in cui gli scambi si trasformano in incomprensioni, a scapito dei risultati.
Incoraggiati a non ascoltare
Secondo Kate Murphy, autrice di Non stai ascoltando: cosa ti perdi e perché è importante, l’abitudine di non ascoltare gli altri facendo al tempo stesso di tutto per venire ascoltati è il risultato di un condizionamento sociale diffuso. In molti contesti lavorativi permane la convinzione che un buon comunicatore sia colui o colei che parla di più e questo incoraggia a concepire le conversazioni come qualcosa di cui è necessario ‘prendere il controllo’ anziché come uno spazio di confronto. Anche nella vita privata, grazie in parte alla diffusione dei social, siamo spinti ad fare di tutto per assicurarci che ciò che abbiamo da dire venga ascoltato. Per non parlare degli esempi che arrivano dalla politica o dalla televisione, dove è sempre più normale che i dibattiti e le discussioni si trasformino in scontri in cui i partecipanti cercano di zittirsi l’un l’altro, in una gara a chi grida più forte.
Non è così strano quindi che sia sempre meno comune trovare persone in grado di ascoltare, nonostante numerosi studi abbiano messo in luce come, la capacità di ascoltare di coloro che ricoprono posizioni di leadership sia direttamente collegata a una più alta produttività, un più alto tasso di innovazione e un maggior benessere.
Come imparare ad ascoltare?
Il modo migliore per diventare buoni ascoltatori è praticare il cosiddetto ‘ascolto attivo’. L’ascolto attivo viene definito come la capacità di saper ascoltare l’altro con attenzione e partecipazione e si differenzia dall’ascolto passivo, il cui unico obiettivo è la ricezione di informazioni. L’ascolto attivo, al contrario, coniuga all’assimilazione delle informazioni la capacità di osservare l’interlocutore e di comprendere il suo stato d’animo e il suo punto di vista, oltre che le sue parole.
Come spiega la stessa Kate Murphy in Non stai ascoltando, l’unico requisito necessario per diventare un buon ascoltatore è essere disposti a fare dell’ascolto attivo un’abitudine. Le regole da seguire sono semplici:
Lasciare all’altro il tempo di parlare – Si tratta di uno degli errori più diffusi: dare per scontato d’aver capito cosa l’altro voglia dire prima ancora che abbia finito di parlare. Non solo questa abitudine rischia di farci perdere informazioni importanti, ma può essere vista dal nostro interlocutore come un segnale di impazienza e di mancanza di interesse.
Mettere da parte il proprio punto di vista – Per poter davvero comprendere il nostro interlocutore è necessario abbandonare, anche se solo temporaneamente, la prospettiva dalla quale siamo soliti osservare il mondo, calarci nei suoi panni e osservare la questione dal suo punto di vista.
Attenzione al linguaggio non-verbale – Il tono di voce, le espressioni facciali e persino la postura possono dirci molto sullo stato emotivo della persona con cui stiamo parlando: ad esempio, se diventa più tesa quando viene affrontato uno specifico argomento, è possibile che la questione sia causa di disagio o nervosismo.
Gestire le proprie emozioni – Soprattutto in caso di critiche o manifestazioni di dissenso è normale sentirsi a disagio, persino feriti. L’importante è non agire sull’onda delle emozioni del momento. Non dobbiamo fingere di essere d’accordo con quello che il nostro interlocutore sta dicendo, ma evitiamo di interromperlo a metà per dare voce alle nostre obiezioni.
Fare le domande giuste – Invitare l’altro a spiegare il proprio punto di vista ponendogli domande pertinenti è un modo per mostrare interesse nei suoi confronti nonché uno strumento molto utile per assicurarci di aver davvero compreso il suo punto di vista.