Formazione professionale in Italia: servono più investimenti e una maggiore consapevolezza
- Gestione d'impresa
- Gestione del personale
- Gestione dell'ufficio
- Imprese e Professionisti
Un nuovo rapporto OCSE analizza lo stato della formazione professionale continua in Italia e delinea le sfide per il futuro: intervenire con urgenza e incoraggiare l’acquisizione di nuove competenze per sostenere la crescita e l’innovazione.
Qual’è lo stato della formazione professionale in Italia?
I dati del rapporto OCSE evidenziano la necessità di intervenire tempestivamente sul fronte della formazione continua: l’Italia si trova infatti all’ottavo posto su 34 nella classifica dei paesi che richiedono con più urgenza un intervento in materia di formazione. Questo perché il 50,7% dei posti di lavoro italiani rischia di venire soppiantato in futuro dall’automatizzazione e per i lavoratori adulti potrebbe essere difficile approfittare delle opportunità create dalla diffusione di nuove tecnologie, poiché non in possesso delle competenze adeguate.
Inoltre in Italia le attività di formazione sono ancora poco inclusive e solo il 20,1% dei lavoratori adulti prende parte a programmi o corsi di formazione professionale, la metà rispetto alla media OCSE. Ma il problema più grande sembra essere quello dell’allineamento fra gli obiettivi della formazione e i reali bisogni del mercato: l’Italia è infatti uno dei paesi con la più bassa corrispondenza fra priorità individuate e attività di formazione effettivamente svolte. Più del 30% dei corsi di formazione erogati nel nostro paese riguarda la sicurezza sul lavoro, uno dei tassi più alti dei paesi OCSE, ma mancano progetti legate all’acquisizione di nuove competenze, a partire da quelle informatiche.
Il rischio è quello di rimanere indietro e non riuscire a competere nel mercato del lavoro di domani: secondo un rapporto di Randstad, l’80% dei lavoratori italiani teme già che gli manchino le competenze necessarie ad adattarsi ai cambiamenti tecnologici in atto nel proprio settore e considera responsabilità del datore di lavoro «predisporre piani di formazione per consentire ai dipendenti di acquisire le competenze mancanti». Purtroppo solo il 41% delle aziende ha attivato corsi mirati all’acquisizione e al miglioramento, ad esempio, delle digital skills.
Perché le aziende italiane non investono in formazione?
Una delle principali cause dei mancati investimenti da parte delle aziende è di ordine economico: in Italia la spesa pubblica dedicata a promuovere la formazione continua è molto bassa rispetto al resto dei paesi esaminati e sono ancora poche le imprese che possono contare su sgravi fiscali o che beneficiano di sussidi pubblici per investire nella formazione, per questo il rapporto OCSE evidenzia come siano necessari maggiori investimenti in questo senso.
Tuttavia, uno degli ostacoli all’avviamento di programmi efficaci per la formazione sul lavoro è la scarsa consapevolezza della sua necessità e importanza: un’indagine ISTAT ha rilevato che il 74% delle aziende che non investono in formazione ritiene che il proprio personale sia già qualificato e non sia necessario acquisire nuove competenze. Il fenomeno è particolarmente diffuso nell’ambito delle piccole e medie imprese: mentre la quasi totalità (98%) delle aziende con oltre un migliaio di dipendenti ha attivato progetti formativi, meno della metà delle pmi investe in formazione, che viene percepita dalla maggioranza di esse come come un costo e un peso burocratico.
Investire in formazione aumenta i profitti e la soddisfazione dei dipendenti
In realtà, investire nella formazione del personale è una delle strategie più efficaci per aumentare i profitti e uno studio della American Society for Training and Development ha evidenziato come le compagnie che offrono ai dipendenti adeguati programmi di formazione abbiano un margine di profitto del 24% più alto rispetto alle altre.
Ma non è solo una questione di guadagni, attività e corsi di formazione sono in grado di stimolare l’innovazione e sostenere la crescita, consentendo alle aziende di gareggiare in un mercato sempre più globalizzato e competitivo. Secondo una recente indagine di Great Place to Work i datori di lavoro che offrono ai dipendenti piani di formazione di qualità sperimentano una crescita ben cinque volte superiore alla media nazionale. Un dato che non stupisce se si considera quanto lo sviluppo di nuove capacità e competenze sia fondamentale per i dipendenti, sia per mantenere alta la motivazione sul lavoro che per incrementare la propria produttività personale.
La quantità e qualità dei progetti di formazione offerti si riflette poi direttamente sulla soddisfazione e il livello di coinvolgimento dei dipendenti, che si sentono valorizzati e maggiormente legati all’azienda quando sentono che questa è pronta a investire nel loro futuro. Forse è per questo che nelle aziende che investono nella crescita professionale dei dipendenti il turnover volontario è più basso del 65% rispetto alle altre compagnie dello stesso settore. L’impatto sui dipendenti non riguarda poi soltanto le percentuali di talent retention, ma influisce significativamente anche sul recruiting: i piani di formazione aziendale sono infatti uno degli elementi chiave per rendersi appetibili ai nuovi talenti.