Cultura e creatività sono i veri motori dell’economia italiana

Cultura e creatività sono i veri motori dell’economia italiana

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L’ottava edizione del rapporto Io sono cultura, elaborato da Symbola in collaborazione con Unioncamere, evidenzia il ruolo di primo piano della cultura e della creatività italiane nell’economia del paese.

Il made in italy? Una questione di qualità, ma anche di cultura

Dal 2001 il rapporto annuale di Symbola e Unioncamere si occupa di studiare il cosiddetto Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano, ovvero l’insieme di tutte le attività economiche che producono beni o servizi culturali e delle attività definite creative driven, cioè che usano la cultura come punto di partenza per accrescere il valore e la competitività dei propri prodotti.

Ed è proprio il ruolo svolto dalle industrie culturali e creative del nostro paese a conferire prestigio sul mercato internazionale ai beni prodotti in Italia. In tutto il mondo ormai il made in Italy è infatti più di una semplice indicazione di provenienza e il marchio si è trasformato nel tempo in una vera e propria garanzia di alta qualità, un simbolo di eleganza e cultura. A confermarlo è la popolarità stessa del brand Italia nel mondo: secondo uno studio di Statista, il made in Italy si trova al settimo posto al livello globale per quanto riguarda la reputazione fra i consumatori e secondo un’indagine di KPMG il marchio è secondo solo a Visa e Coca Cola in termini di riconoscibilità e notorietà internazionale.

 

Il valore economico del sistema produttivo culturale

Se fuori dai confini nazionali cultura e creatività italiane conferiscono potere agli export del nostro paese, in Italia esse rappresentano una delle principali fonti di ricchezza e di occupazione. Secondo le stime di Symbola il sistema produttivo culturale e creativo italiano genera ogni anno profitti per oltre 92 miliardi di euro e sono oltre un milione e mezzo i posti di lavoro connessi alle industrie creative e culturali, una cifra che rappresenta oltre il 6% degli occupati.

Ma non finisce qui, l’impatto più importante del sistema culturale italiano riguarda infatti la valorizzazione di tutti gli altri settori dell’economia: se si considera sia il valore prodotto dalle filiere culturali che quello derivante dagli stimoli forniti a settori come il turismo, la cultura in Italia muove oltre 255 miliardi di euro, pari al 16,6% del valore aggiunto nazionale. Quello della cultura, inoltre, è uno dei pochi settori dell’economia italiana a registrare una crescita costante sia in termini di profitti (+2% rispetto all’anno precedente) che di occupazione (+1,6%).

 

I principali settori dell’industria culturale: editoria, software e design

Il rapporto di Symbola delinea un panorama produttivo culturale suddiviso in cinque settori principali: le industrie creative (architettura, comunicazione, design), le industrie culturali tradizionali (cinema, editoria, musica e software), il patrimonio storico e artistico del paese (musei e siti archeologici, ma anche biblioteche e archivi storici), le arti performative e visive e infine le imprese creative driven come l’artigianato artistico.

Le industrie culturali tradizionali si trovano al primo posto per valore aggiunto, con un totale di 33,6 miliardi di euro l’anno, ma sono le attività creative-driven a rappresentare il settore più rilevante per l’occupazione, con oltre 579 mila addetti, pari al 2,3% del totale nazionale. Fra i sotto-settori che più contribuiscono alla produzione di ricchezza nell’ambito delle industrie culturali trionfano l’editoria e la stampa (13,8 miliardi di euro l’anno), seguite a breve distanza da videogiochi e software (12 miliardi di euro). Per quanto riguarda l’ambito creativo invece, è il design a farla da padrone, con un valore aggiunto pari a 8,6 miliardi l’anno, seguito dalla comunicazione con 4,8 miliardi di euro di valore aggiunto annuale.

 

La geografia del capitale culturale italiano

Dal punto di vista geografico, le regioni che producono più cultura sono il Lazio e la Lombardia, mentre per quanto riguarda le singole città, le principali officine della cultura sono rappresentate da Milano, Roma, Torino, Siena, Arezzo e Firenze.

L’unico dato preoccupante riguarda l’area del Mezzogiorno: nonostante il vastissimo patrimonio artistico, culturale e storico presente in quest’area, solo il 4,2% del valore aggiunto prodotto sul territorio proviene dall’industria culturale, una realtà che sottolinea la necessità di maggiori investimenti in questo settore. A questo proposito il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello, ha dichiarato che l’obiettivo di Io sono cultura è proprio quello di aiutare a superare la convinzione che la cultura sia principalmente qualcosa da conservare anziché una componente dello sviluppo produttivo su cui investire. Un sentimento cui fa eco anche il ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, che ha sottolineato come l’industria culturale e creativa sia destinata a diventare una delle protagoniste dell’economia del futuro e come lo straordinario patrimonio storico, artistico e archeologico italiano conferisca al nostro paese un enorme vantaggio competitivo sul mercato internazionale.