Cronotipo: perché l’orario di lavoro fatto su misura dei dipendenti conviene alle aziende
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Un numero adeguato di ore di sonno è indispensabile per essere in grado di dare il massimo in ufficio, ma sono ancora poche le aziende che incoraggiano i dipendenti ad adattare l’orario di lavoro al proprio cronotipo.
Cos’è il cronotipo e come influisce sulla salute
Il cronotipo non è altro che la propensione di una persona a essere maggiormente attiva in un determinato momento della giornata. Anche se gli esseri umani sono animali diurni, esistono significative variazioni individuali nei cicli sonno/veglia che permettono di suddividere la popolazione in categorie diverse a seconda del cronotipo. Secondo la ricerca, sebbene la maggior parte delle persone si trovi in una situazione intermedia, circa il 15% della popolazione fa parte delle cosiddette allodole, persone che si alzano presto la mattina e sono maggiormente attive nella prima parte della giornata, mentre il 20% appartiene ai gufi, ovvero coloro che sono maggiormente attivi nel tardo pomeriggio o la sera e che preferiscono andare a letto tardi.
A partire dagli anni ’70 sono stati condotti numerosi studi sul cronotipo e sul suo impatto sul sonno, la dieta e la salute in genere, che hanno messo in luce come in un mondo pensato per le allodole, in cui la maggior parte delle attività lavorative e scolastiche è concentrata nella prima parte della giornata, i gufi siano esposti a un maggior rischio di sviluppare patologie legate alla mancanza di sonno (come diabete, disturbi neurologici, gastrointestinali e respiratori). Secondo un nuovo studio dell’università del Surrey nel Regno Unito, gli individui con un cronotipo serotino hanno addirittura il 10 per cento di rischio in più di morire rispetto alle allodole.
Produttività: quando l’orario di lavoro segue l’orologio interno
Poiché la qualità del sonno influisce direttamente sulle capacità cognitive, è facile capire come una giornata lavorativa basata su orari che sono in netto contrasto con il proprio cronotipo sia in grado di pregiudicare significativamente la produttività e la performance. Stando a una ricerca condotta dalla no-profit RAND, dormire male può abbattere la produttività sul lavoro al punto tale da influenzare del 2-3% il PIL nazionale di paesi come Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania e Giappone.
Quello della mancanza di riposo è un fenomeno estremamente diffuso: secondo Céline Vetter, direttrice del laboratorio di epidemiologia circadiana e del sonno dell’università del Colorado di Boulder, otto persone su dieci hanno orari di lavoro in conflitto con il proprio orologio interno. Ma se la situazione promette di migliorare grazie alla diffusione di modalità lavorative smart, poiché garantiscono una maggiore indipendenza nella gestione dell’orario di lavoro, è vero anche che la strada da fare per superare l’approccio mattiniero tradizionale rimane lunga.
La maggior parte delle azienda sbaglia ancora la cronobiologia
Sebbene esistano compagnie, come la farmaceutica AbbVie in Danimarca, che cercano di aiutare i dipendenti ad assecondare il proprio cronotipo, perché consapevoli dei vantaggi che ne derivano (aumento della produttività, diminuzione degli incidenti sul lavoro, riduzione dell’assenteismo), si tratta ancora per lo più di casi isolati.
Esiste infatti un forte pregiudizio positivo nei confronti degli individui mattinieri, che vengono percepiti come più coscienziosi e ricevono valutazioni più alte dei serotini a parità di rendimento, soprattutto da parte di manager e team leader. Secondo il professor Christopher M. Barnes, docente associato presso la School of Business dell’università di Washington, il problema più grande rimane tuttavia lo sfasamento fra ritmo circadiano e distribuzione delle attività lavorative nell’arco della giornata: «La maggior parte dei lavoratori d’ufficio è inondata di email da scrivere e a cui rispondere per tutta la mattinata e fino all’ora di pranzo, quando arriva il pranzo ha quindi già consumato in questo modo il primo picco di concentrazione della giornata».
Secondo Micheal Grandner, direttore dello Sleep and Health Program all’Università dell’Arizona, una presa di coscienza da parte delle aziende sull’importanza di un adeguato riposo è l’elemento decisivo per raggiungere una svolta nell’approccio alla cronobiologia del lavoro: «Bisogna cambiare il modo in cui le persone percepiscono il sonno. Se una persona crede erroneamente che il sonno sia improduttivo, tende a sacrificarlo. (…) Per farlo è importante l’approccio delle aziende: molte pensano a monitorare il sonno tramite dispositivi e applicazioni. Questo può essere utile ma non basta. Per esempio, abbiamo aiutato un gruppo di lavoratori con programmi discretamente intrusivi ad aumentare il loro sonno di un’ora, riducendo i sintomi di insonnia del 40% e migliorando il livello di energia diurna del 20%. Non abbiamo cambiato i loro programmi, abbiamo solo dato loro strumenti, supporto e risorse necessarie per prendere il controllo del proprio sonno».