Selezione del personale: come valutare un curriculum
- Leadership
Il curriculum vitae è la prima prova di lavoro effettiva cui un eventuale dipendente viene sottoposto, e come tale deve essere considerata: più sono alte le qualifiche richieste per una determinata posizione, più accurata deve essere la presentazione della candidatura. Ma c’è un metodo per valutare correttamente un curriculum vitae?
La risposta è no! Di certo, valutare un curriculum vitae non è una scienza esatta, e molto spesso le scelte più azzeccate sono quelle che vengono fatte quasi d’istinto, basandosi su “sensazioni di pancia”. Ogni curriculum contiene infatti delle indicazioni, dei segnali, che già a una prima scorsa ti diranno se il candidato merita ulteriore attenzione da parte tua oppure no. Ed è proprio questo l’elemento chiave. Nell’epoca del multitasking, l’attenzione è infatti uno dei beni più preziosi che abbiamo, così come prediceva già negli anni ’60 il buon Marshall McLuhan, grande filosofo dei media e della comunicazione. Risparmiamocela, almeno là dove è possibile!
Se la valutazione del curriculum non è una scienza, ci sono però dei parametri, delle linee guida, che ci permettono selezionare il personale in maniera rapida e affidabile, e che consentono di valutare un curriculum vitae in maniera efficace e senza troppi investimenti di tempo.
La prima impressione raramente inganna
Tanto per cominciare, la formazione scolastica e professionale, così come l’esperienza e le qualificazioni, sono spesso sufficienti a escludere candidati che non hanno nulla a che vedere con la selezione in corso. Non sottovalutiamo la prima impressione che suscita il documento: è una sensazione istintiva, ma che è spesso veicolata dai dettagli e va quindi indagata per essere poi confermata o meno. Come si presenta il curriculum? È immacolato, così come dovrebbe essere, perfettamente leggibile e senza errori di grammatica né di battitura? È completo di tutti gli attestati e i certificati citati? Come si presenta la foto? È un’immagine professionale, oppure raffigura il candidato in una situazione informale, inadeguata? Sono tutti dettagli che dimostrano l’attenzione e la cura per il dettaglio del candidato, e raramente mentono!
Per quel che riguarda i contenuti, il candidato deve presentare le proprie capacità e competenze in maniera concreta e obiettiva, evitando sia le esagerazioni (i tipici curricula-papiro di oltre 4 pagine già ti dicono che il tuo candidato è molto probabilmente “tutto fumo e niente arrosto”) che uno stile troppo stringato, che al contrario tradisce o troppa timidezza o poca preparazione. Il curriculum ideale deve comunicare equilibrio, capacità di interloquire con il lettore e anche rispetto per quest’ultimo. Se è vero che un CV deve contenere il quadro delle qualifiche professionali, lo stile non deve comunque mai apparire troppo astruso e la scrittura deve saper spiegare le competenze del candidato anche a chi non ha esperienza nel settore in questione.
Questo fatto va tenuto presente soprattutto perché le prime persone ad avere a che fare con un curriculum sono spesso i dipendenti del reparto Risorse Umane, che non hanno quasi mai la stessa formazione professionale dei candidati. Un curriculum che sa comunicare chiaramente anche con i “profani” del settore dimostra una spiccata apertura mentale del candidato e una predisposizione alla comunicazione con gli altri. Due fattori decisivi, da non sottovalutare.
La sicurezza di sé è fondamentale ed è un elemento che già si può apprezzare in un curriculum, ma non deve sconfinare nella “fanfaronaggine”. Interessante, da questo punto di vista, notare se il candidato rivela le proprie aspettative di guadagno: nonostante quello che si sarebbe portati a credere, scriverle nel curriculum è un segnale positivo, ed è indice di onestà e serietà: attenzione quindi a non scambiarlo per sfrontatezza!
Saper leggere fra le righe
Per quel che riguarda la formazione scolastica, gli esperti consigliano di non dare troppa importanza ai voti, che sono sì indicativi ma non determinanti ai fini della valutazione del candidato. Questo perché non tutti raggiungono la maturità durante l’età dello studio, e molto spesso sono le scelte successive, fatte in ambito lavorativo, ad essere determinanti per il percorso professionale dell’individuo. Molto più dei voti, sono la continuità e la compiutezza delle esperienze scolastiche e universitarie a fornirci dettagli più significativi per la valutazione di un curriculum: un percorso formativo stabile e concluso è infatti indice di costanza, una caratteristica che aiuta particolarmente nell’evoluzione nel mondo di lavoro.
La stessa stabilità va cercata poi nell’esperienza professionale: quanto spesso il candidato ha cambiato posto di lavoro? Le posizioni elencate nel curriculum sono state occupate per almeno due anni consecutivi, oppure l’esperienza lavorativa è estremamente frammentata, a volte di due o tre mesi soltanto? Se non c’è una causa attendibile, i continui cambi di lavoro potrebbero infatti essere sinonimo di insuccessi.
La successione degli avvenimenti del curriculum in esame ci racconta molto della storia della persona che stiamo valutando, così come delle sue capacità di interazione umana e di determinazione personale. Bisogna quindi saper leggere attentamente tra le righe!
Molta importanza deve essere data anche gli attestati dei candidati. È importante leggere con attenzione ogni referenza scritta: i problemi che gli ex datori di lavoro hanno riscontrato potrebbero essere, in futuro, i nostri. Se ad esempio nella referenza si insiste molto sulla spiccata “socialità” della persona in questione, questo potrebbe significare due cose: o per il precedente datore di lavoro la tendenza a socializzare dei propri dipendenti è decisiva, oppure siamo di fronte a una persona che tende a “perdersi in chiacchiere” e a fare baldoria in ufficio. Insomma, senza diventare troppo sospettosi, una buona dose di accortezza in fase di selezione dei curriculum è un must!
Smascherare le piccole bugie
È solo dopo aver analizzato tutti gli aspetti di un curriculum che si procede con l’invito e il colloquio, se tutti i criteri sono stati rispettati. Il primo obiettivo dell’incontro personale è quello di discutere quei punti che hanno lasciato dubbi, ma non solo. Attraverso l’intervista dobbiamo innanzitutto mettere alla prova la veridicità delle informazioni e, soprattutto, l’impressione che abbiamo ottenuto dai documenti di presentazione. Raccontare delle “piccole” bugie è abbastanza comune, quindi non facciamoci ingannare!
A confermare che le “piccole” bugie in fase di colloqui di lavoro siano diffusissime, sembra che persino Melania Trump, la nuova First lady statunitense, abbia dichiarato nel suo curriculum vitae – presentato poi a diversi media internazionali – di aver frequentato e concluso il corso di studi in Design e Architettura all’università di Lubiana. Secondo il settimanale New Yorker, questa laurea non esiste: la moglie di Donald Trump avrebbe interrotto la carriera universitaria per intraprendere quella di modella!
Per evitare che certe bugie vengano a galla soltanto ad assunzione avvenuta, fate delle ricerche in internet prima del colloquio e accertatevi della fondatezza delle esperienze del candidato. Controllate prima di tutto se le aziende indicate nel curriculum esistono o meno, e come passo successivo contattate i precedenti datori di lavoro per chiedere loro un parere in merito.
Ci sono però delle bugie che possono essere smascherate soltanto in fase di colloquio. Ecco alcuni consigli di pronto intervento che possono aiutare.
Durante il colloquio di lavoro con i vostri candidati tenete gli occhi aperti e aguzzate tutti i sensi! Se notate una tedenza ad abbassare lo sguardo, o una nota di incertezza nella voce, sicuramente chi vi è seduto davanti non vi sta raccontando tutto. Fate domande dirette e precise sulle esperienze pregresse, magari evitando di fare il “terzo grado” per non risultare scortesi. Fingere interesse di solito è una strategia che funziona: raccontate al candidato di una vostra esperienza all’Università e cercate il pretesto per fare domande più dirette sul loro corso di studi; oppure chiedete quali fossero gli aspetti che il candidato apprezzasse di più nel suo lavoro precedente: avevano uno spazio sociale condiviso, gli uffici erano illuminati, in posizione centrale? etc.
Un altro trucco per smascherare i più bugardi, e avere anche una prova delle loro competenze e delle loro attitudini al ragionamento, è quello di organizzare un test di valutazione in sede, da svolgere subito dopo il primo collquio faccia a faccia. A seconda delle competenze richieste, sottoponete al candidato un breve test di circa 30 minuti. Potete utilizzare dei test di logica, di ragionamento numerico, o anche un questionario sulla personalità, se avete già abbastanza informazioni per valutare le capacità analitiche del candidato ma vorreste essere più sicuri delle sue abilità sociali.
Il giorno del test, cercate di mettere il candidato a proprio agio, evitando di causare troppo stress mentale che potrebbe falsare i risultati. Bevete un caffè insieme, scambiate due chiacchiere, e spiegategli che l’idea del test è quella di avere un quadro più completo e obiettivo delle sue capacità di ragionamento. Alla fine i numeri del test faranno da contrappeso all’impressione che avete avuto dal curriculum e dal collquio conoscitivo.
Se non siete ancora sicuri di essere di fronte alla persona giusta, come ultimo “rimedio” invitate il candidato a un pranzo conoscitivo e portate con voi i vostri collaboratori più fidati. Ricordatevi che il pranzo non è un colloquio, ma un modo per portare a galla la personalità del candidato, quindi siate simpatici, sciolti e rilassati! A pranzo concluso salutate il candidato e fate un breve “debriefing” per scambiarvi le opinioni: alla fine del meeting avrete sicuramente le idee più chiare!