Liberi professionisti: la classifica di chi guadagna di più
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Gli ultimi dati resi noti dal Dipartimento delle Finanze dipingono un quadro incoraggiante dei redditi dei lavoratori autonomi italiani: i redditi medi sono in aumento, soprattutto fra i liberi professionisti.
Segnali incoraggianti per la ripresa
Le ultime analisi statistiche sulle dichiarazioni fiscali 2020 sono state recentemente pubblicate dal Ministero delle Finanze nel quadro degli Indici di Affidabilità fiscale. Questi dati rappresentano una vera e propria fotografia dell’andamento del settore e dipingono un quadro positivo sia in termini di crescita che di reddito medio per quanto riguarda il comparto del lavoro autonomo.
Le statistiche ministeriali si riferiscono alle dichiarazioni del 2019 e non sono state quindi influenzate dagli eventi collegati all’epidemia di COVID-19. Proprio per questo, la situazione che descrivono è probabilmente più simile a quello che aspetta i lavoratori autonomi nel periodo post-pandemia, senza le difficoltà di gestione imposte dall’emergenza sanitaria.
Crescono le adesioni al sistema forfettario
Nel 2019 i titolari di partita IVA sono stati oltre 3,7 milioni, in aumento rispetto all’anno precedente del 1,2%. Quasi la metà di loro (47%) ha aderito al regime forfettario, per un totale di 1,6 milioni di contribuenti, mentre fra quelli che hanno presentato dichiarazione si distinguono principalmente imprenditori (33,7%) e lavoratori autonomi (12,9%), con una piccola percentuale di agricoltori (6,4%).
La popolarità del regime forfettario e la massiccia adesione a questa opzione fiscale potrebbero spiegare da sole uno dei dati più positivi che il rapporto registra, ovvero il significativo aumento (+15,6%) dei compensi e dei ricavi medi. Il regime forfettario ha infatti enormemente agevolato una consistente porzione di titolari di partite IVA, semplificando la gestione tributaria e garantendo consistenti incentivi fiscali.
Reddito medio dei lavoratori autonomi in aumento
Il dato più positivo è sicuramente la forte crescita registrata in termini di reddito medio per quanto riguarda i lavoratori autonomi: secondo i dati ministeriali il reddito medio si è attestato sui 38.000 euro annui. Questo equivale a una crescita del +7% rispetto al periodo precedente e rappresenta senza dubbio una tendenza incoraggiante per l’intero settore.
Nella categoria dei lavoratori autonomi, il reddito medio più alto è stato quello dei liberi professionisti: nell’ambito delle libere professioni il contribuente medio ha infatti dichiarato un reddito medio di oltre 65.000 euro, una variazione del +24% rispetto all’anno prima. Questo settore è anche quello che sembra aver maggiormente beneficiato dell’applicazione degli indici ISA, che premiano i contribuenti più diligenti con semplificazioni e sgravi fiscali: ben il 51% ha infatti raggiunto il regime premiale, rispetto al solo 36% degli altri settori.
Notai e commercialisti primi per reddito
Se si analizzano i dati relativi al reddito relativi ai soli liberi professionisti (che, come abbiamo visto, sono quelli con il reddito medio più alto) gli studi notarili si piazzano senza dubbio in cima alla classifica, con un reddito medio di circa 91.000 euro. Al secondo posto si trovano i commercialisti e i consulenti del lavoro, che si attestano attorno a un reddito medio di 70.000 euro, seguiti a breve distanza dai professionisti che operano nel settore sanitario e della servizi alla persona, il cui reddito medio è di circa 69.000 euro.
Fra architetti, geometri e ingegneri viene riportato un reddito medio di 44.000 euro, mentre quello di chi opera nel campo dell’educazione e dell’istruzione rimane di poco inferiore ai 20.000 euro l’anno. In fondo alla classifica, i professionisti attivi nel campo della tecnica agraria, gli agricoltori e gli allevatori.
Le partite IVA resistono al COVID
Un ulteriore dato positivo circa lo stato di salute del lavoro autonomo nel post-COVID viene dall’analisi dei più recenti dati del Osservatorio ministeriale sulle partite IVA, relativi al primo trimestre del 2021. In questo periodo sono infatti state aperte oltre 186.000 nuove partite IVA, pari a un incremento del +15,3%. Anche i dati sulle chiusure evidenziano una tendenza alla ripresa: nell’anno 2020 sono state chiuse un numero di attività del 22% più basso rispetto all’anno precedente. Come evidenziato dal comunicato ministeriale che accompagna i dati, sembra che le misure di sostegno messe in atto durante la pandemia abbiamo funzionato nel limitare le cessazioni di attività.
La maggior parte delle nuove attività è stato aperto nel Nord del paese (46,7%), ma con una quota in crescita anche nel Centro (20,8%) e nel Sud e nelle Isole (31,9%). Stando all’identikit che emerge dai dati ministeriali, la maggior parte dei nuovi titolari di partita IVA sono persone fisiche (72,6%) e prevalentemente di età inferiore ai 35 anni (50,2%).
Le categorie che hanno registrato il maggior numero di nuove partite IVA registrate sono state le attività professionali (20,8% del totale), seguite dal quelle collegate al commercio (20,1%) e alle costruzioni (9,8%). Tuttavia, il settore che ha registrato la crescita più forte è quello relativo alle ‘altre forme giuridiche’, principalmente grazie al triplicarsi nel numero di servizi di e-commerce.