Lavoro d’ufficio: il tramonto di un mito?
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Fare carriera non è più una priorità tra i giovani italiani: il raggiungimento della soddisfazione personale si libera di un mito durato decenni.
Per molti anni l’idea dell’emancipazione personale si è legata a quella del posto fisso: indossare ogni giorno giacca e cravatta, timbrare il cartellino, contare le ore di straordinari, dare il meglio in attesa della promozione… tutto questo veniva considerato un privilegio, soprattutto da chi, provenendo dalle campagne, cercava nel lavoro d’ufficio la liberazione dalla fatica fisica del lavoro nei campi.
Spendere il proprio tempo per realizzare progetti altrui, inseguire il mito dell’efficienza e della produttività ha lentamente finito per produrre una generazione senza più sogni, precocemente vecchia e disillusa, legata all’idea del lavoro dipendente come unica via praticabile per ottenere un posto in questo mondo.
Oggi assistiamo a un’inversione radicale della scala di valori che lega la soddisfazione personale al posto fisso, in cui quest’ultimo viene deprecato come stile di vita poco coraggioso e remissivo, proprio di chi si “accontenta” di una vita qualunque. Sono infatti sempre di più i giovani italiani che, una volta tornati a casa dall’ufficio, si sentono sopraffatti dalla sensazione di aver “perso” qualcosa d’importante, e che scelgono coraggiosamente di percorrere strade diverse, per ottenere la propria indipendenza economica con un lavoro in cui possano finalmente trovare un “senso” alle loro giornate.
Una recente indagine condotta da Coldiretti/Swg su “I giovani e la crisi” ha tradotto in cifre questo sentire comune: il 77% dei giovani italiani impiegati in aziende vorrebbe cambiare lavoro. Circa tre italiani su quattro si sono dichiarati insoddisfatti della propria vita lavorativa, anche quando quest’ultima comporta stipendi medio-alti. Dati che mostrano come la motivazione finanziaria che un tempo mitizzava il lavoro d’ufficio passi oggi in secondo piano rispetto a quella etica, legata al raggiungimento della soddisfazione personale.
Altro dato interessante che emerge dallo studio sono le risposte alla domanda “faresti mai il lavoro dei tuoi genitori?”: il 36% ha risposto che non lo farebbe mai, il 30% lo farebbe ma senza entusiasmo, mentre solo per il 28% sarebbe una prospettiva interessante.
Questa inversione è da ascrivere senz’altro al perdurare della crisi economica, che ci ha “allenato” alla precarietà, abituandoci a rifiutare come “non più possibile” tutto ciò che si presenta come fisso e dato una volta per tutte. Ma anche la diffusione delle reti sociali e delle nuove tecnologie stanno giocando la loro parte, risvegliando nuovi desideri di realizzazione personale, come il bisogno di contribuire con il proprio lavoro al miglioramento della società, rendendo possibile la contaminazione tra le professioni, gettando così i semi per la nascita di nuove idee e nuovi modi di vivere e sperimentare la vita quotidiana, lavorativa e non.
Si pensi alle numerose innovazioni tecnologiche che oggi ci permettono di coniugare il lavoro con la libertà di movimento, come i sistemi di virtualizzazione e cloud, che hanno determinato la nasacita del telelavoro, rendendo superflua la necessità di lavorare da una postazione fissa.
Negli ultimi anni si leggono sempre più spesso le storie di chi ha deciso di abbandonare la vita d’ufficio per scoprire una nuova dimensione lavorativa: chi ha lasciato un lavoro sicuro da segretaria per avviare un’attività come assistente virtuale a distanza, chi ha mollato un lavoro come giornalista per diventare copywriter indipendente, fino a chi ha abbandonato una carriera promettente da manager per riscoprirsi reporter di viaggio. Ma ci sono anche storie di persone che hanno saputo coniugare le professioni più “tradizionali-ste” con l’uso intelligente di nuove tecnologie: dall’avvocato che sceglie di fare a meno del personale di segreteria e gestire il proprio ufficio in remoto, fino allo psicanalista “nomade” che si avvale di uffici a tempo per incontrare i propri pazienti.
Oggi l’idea che per essere davvero produttivi bisogna sedersi a una scrivania e avere un proprio ufficio sopravvive solo come pregiudizio nostalgico nelle menti di chi, forse per paura, non vuole sperimentare il cambiamento. Per tutti gli altri, gli strumenti per non lasciarsi annientare dal disfattismo della crisi ci sono, e sono a portata di mano.