Il nuovo identikit dell’esperto fiscale
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La Fondazione Nazionale dei Commercialisti (FNC) ha pubblicato i risultati della nuova indagine statistica condotta su commercialisti ed esperti contabili: i dati ritraggono un professionista sempre più indipendente e sempre più specializzato.
Lo scopo dell’indagine realizzata dalla Federazione Nazionale dei Commercialisti è quello di analizzare l’evoluzione nel tempo della professione del consulente fiscale. Per farlo, la FNC confronta i dati provenienti dalle indagini statistiche periodiche che conduce sui propri iscritti e che si riferiscono ad alcune variabili chiave, cercando di individuare le tendenze e i cambiamenti in atto nella professione di commercialista.
Per il momento i risultati sono ancora in forma incompleta (mancano ad esempio i riferimenti geografici e i dati demografici), ma il rapporto pubblicato contiene già importanti indicazioni relative alle variabili chiave come «la modalità di esercizio della professione e la tipologia di studio, le specializzazioni professionali, la dimensione degli studi in termini di fatturato e personale, nonché il posizionamento dello studio rispetto alle attività basilari di assistenza e consulenza contabile e fiscale».
Meno strutture e meno studi condivisi
L’ultima indagine statistica in materia è stata condotta nel 2012 dall’Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e pubblicata con il titolo L’evoluzione della professione di Commercialista. Un confronto fra i dati odierni e quelli relativi a sei anni fa mostra una significativa crescita nella percentuale di professionisti che esercitano in forme non organizzate, ovvero al di fuori del consueto ambito dello studio professionale. Questa fascia di professionisti è letteralmente raddoppiata rispetto al 2012, passando dal 4,4% all’8,8%.
Una delle possibili spiegazioni dell’aumento di commercialisti che esercita in forme non organizzate è la crescita del fenomeno dello smart working, che spinge sempre più professionisti verso forme ibride di lavoro, in cui alle consuete mansioni di gestione fiscale si affiancano altre attività come la consulenza o l’insegnamento. Inoltre, sempre più commercialisti offrono i propri servizi esclusivamente online, eliminando così la necessità (e i costi di mantenimento) di uno studio fisico nel quale ricevere i clienti. Non è da escludere che il dato sia il sintomo di un maggiore desiderio di indipendenza nella gestione della professione, ipotesi che sembra supportata anche dal deciso calo nella percentuale di studi condivisi, ossia quelli in cui collaborano più professionisti, passati dal 19,1% del 2012 al 13,7% odierno, e dal corrispondente aumento degli studi individuali, passati dal 52,9% al 61,1% negli ultimi sei anni.
Secondo l’analisi della Fondazione, tuttavia, questi numeri evidenziano anche «i limiti delle forme aggregative di studio professionale rappresentate dagli studi associati e dalle Società tra professionisti». In altre parole, la tendenza alla frammentazione degli studi sarebbe da considerarsi un indice delle difficoltà economiche e di gestione alle quali vanno incontro gli studi condivisi.
Crescono le specializzazioni
Rispetto ai dati raccolti nel 2012, il fenomeno più interessante che emerge dall’indagine 2018 riguarda l’ambito delle specializzazioni: si registra infatti un significativo aumento della percentuale di studi cosiddetti iper-specializzati, ossia quegli studi in cui il fatturato relativo alle attività di base rappresenta meno del 20% del fatturato totale. Ma una marcata tendenza verso una maggiore specializzazione si nota anche negli studi non classificabili come iper-specializzati, ovvero quelli in cui le attività di base rappresentano più del 20% ma meno dell’80% del fatturato.
Come sottolineato nel rapporto pubblicato dalla Fondazione, anche rispetto ai dati rilevati nel 2017 nel contesto del sondaggio Spesometro 2017 la quota di studi specializzati è cresciuta dell’1% mentre si è assistito a un corrispondente calo (-5%) nel numero di studi non-specializzati e a un aumento di quelli iper-specializzati (+4%). Secondo l’analisi della Fondazione, questa tendenza è un segnale dello spostamento dei commercialisti verso la specializzazione come risorsa per affrontare la competizione del mercato del lavoro. Fenomeno confermato anche dai dati sulle principali aree di attività, che vedono al primo posto la contabilità e le attività di bilancio (89%), seguite dalle attività di consulenza e pianificazione fiscale (55,2%) e dalle mansioni di revisione legale (54%), ma che evidenziano anche la rapida crescita delle attività di consulenza aziendale e d’impresa (38,1%).
La tendenza a una sempre maggiore specializzazione è coerente con la riconfigurazione al momento in atto anche in altri settori professionali, come quello legale e quello medico, e dovuta alla pressione esercitata da innovazioni come le intelligenze artificiali e i software progettati per rimpiazzare i consulenti fiscali.