Il coraggio di cambiare vita
- Imprese e Professionisti
Qualche giorno fa ho letto un articolo che raccontava di come un giornalista scozzese, stanco della noiosa e ripetitiva routine lavorativa, avesse un giorno trovato il coraggio di cambiare vita. Come? Semplice: acquistando un’isola nel bel mezzo del Pacifico, al modico prezzo di ottomila sterline (ma stiamo parlando di trent’anni fa). L’articolo proseguiva elogiando le imprese di Mister G., che sarebbe riuscito negli anni a ottenere la pace interiore (piccolo particolare: rinunciando completamente alle relazioni umane), senza mai lasciarsi sedurre dalle allettanti proposte di acquisto, arrivate fino a 50 milioni di sterline. D’altronde, il paradiso non è in vendita! Già, davvero “coraggioso” il nostro Mister G…
È vero che le resistenze al cambiamento radicale sono prevalentemente mentali (la paura di abbandonare i sentieri battuti o di deludere gli altri con le nostre scelte, la dipendenza dai cosiddetti “comfort”, ecc.), ma bisogna anche tenere i piedi per terra e misurare attentamente le proprie possibilità, prima di lanciarsi in determinate imprese. Con questo non voglio dire che il sogno di cambiare vita debba restare un sogno, tutt’al contrario: voglio dire che storie come quella di Mister G. non fanno che aumentare la distanza tra noi e la realizzazione dei nostri desideri, facendoceli apparire come dei miraggi impossibili da ottenere. Per non parlare del fatto che riconducono il raggiungimento della felicità a due “valori” come il possesso e l’isolamento che personalmente non reputo troppo degni di ammirazione. Il coraggio, quello vero, non è una cosa che si misuri con il possesso di capitali.
Fortunatamente ci sono altre strade che possono essere percorse, soluzioni più alla portata di tutti per fare il salto verso un nuovo modo di vivere le proprie giornate, lavorative e non. Che la rivoluzione e il cambiamento possano partire dal quotidiano ce lo insegnano Internet e le nuove tecnologie – che, detto per inciso, costano molto meno delle isole nel Pacifico.
I Nomadi digitali: chi sono e cosa fanno
Molti sono infatti i racconti su blog o siti web di persone che hanno coraggiosamente scelto di inaugurare un nuovo modo di vivere, e che ci sono riusciti anche senza cifre astronomiche. C’è chi grazie a Internet e alle reti sociali è diventato indipendente dal posto di lavoro, avviando un’attività come assistente virtuale, o svolgendo lavori di programmazione, traduzione, copywriting, etc.
Preziose in questo senso sono le testimonianze della comunità dei Nomadi Digitali: persone comuni, che hanno imparato a sfruttare le nuove tecnologie per riappropriarsi della propria vita, fare un lavoro per loro sensato e uscire dalla logica del posto fisso e dell’accumulo, per riscoprire al contrario quella della libertà e di una felice “precarietà”. Queste persone hanno dimostrato in maniera concreta che per cambiare completamente la propria vita bastano poche risorse: un telefono, una connessione a Internet e qualche soldo da parte, chiaro, ma niente cifre astronomiche. Oltre a questi strumenti “tangibili” servono determinazione e un progetto chiaro, il sapere dove si vuole andare… o per lo meno la direzione che si vuole iniziare a prendere.
A chi avesse già pronta la critica di “idealismo”, Alberto Mattei, fondatore e “capitano” di questa nuova comunità di lavoratori in giro per il mondo, spiega come per ottenere il vero cambiamento ci vogliano una lunga riflessione e molte ore di duro lavoro.
Work-downshifting: scalare la marcia
Alla base di questo movimento c’è un neologismo di ultima generazione, il work-downshifting: letteralmente significa “scalare la marcia”, rallentare il ritmo, smettere di affannarsi, decelerare. Per inciso, se si fa una ricerca con Google Immagini un’immagine che ricorre spesso è quella di un tipico business man vestito in giacca e cravatta che se ne sta in mezzo a un prato a piedi scalzi o in atteggiamento meditativo.
Si capisce quindi che questa parola è più che altro un’esigenza di tante persone che hanno bisogno di ridefinire le proprie certezze, che non si sentono più a proprio agio nella quotidianità che stanno vivendo: una quotidianità vissuta secondo ritmi frenetici, focalizzata sul raggiungimento di beni materiali, in cui si finisce per perdere la presa sulle relazioni umane (quando si è vittime dello stress da lavoro si rischia spesso di vedere gli altri passarci accanto come figure da un treno in corsa, diventare quasi evanescenti).
Il virtuale che potenzia il reale
Contrariamente a quello che potrebbe sembrare a una prima osservazione terminologica, il cosiddetto telelavoro, la possibilità di lavorare in remoto inaugurata dai sistemi di virtualizzazione e dalle tecnologie cloud, e resa più facile dalla nascita di servizi come il segretariato a distanza e gli uffici a tempo, più che “virtualizzare” la realtà offre a molti la possibilità di riappropriarsi della propria vita, darle un volto più concreto. Potendo lavorare da qualsiasi luogo, senza dover rispettare dress code o imposizioni di orari, si guadagna quella “distanza” dalle consuete abitudini lavorative che ci permette di riscoprire la “vita vera”, dedicare più tempo agli affetti e nutrire la nostra mente con ciò che davvero ci interessa.
Non solo, il vantaggio è anche per chi si avvale dei servizi di questa nuova “generazione” di lavoratori: un datore di lavoro che scelga di avvalersi delle competenze professionali di un location independent o di un’assistente virtuale potrà infatti beneficiare di una maggiore flessibilità e di una significativa riduzione dei costi: non avendo il personale in sede, potrà fare a meno di pagare l’affitto degli uffici, acquistare computer, apparecchiature o software. Insomma, chi sceglie di lasciare il posto fisso per svolgere un lavoro indipendente e “nomade”, non contribuisce solo alla propria emancipazione personale, ma anche al cambiamento del tessuto della piccola imprenditoria del nostro Paese: rendendola più flessibile, avvicinandola al Web e alle potenzialità delle nuove tecnologie, “allenandola” quindi al cambiamento.
Tutto questo fa pensare alla nascita di quello che mi piacerebbe definire un nuovo Illuminismo lavorativo. Ricordate Kant? Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Applicato al mondo del lavoro, il motto dell’Illuminismo suona più o meno così: Abbi il coraggio di intraprendere la tua vita, non farla intraprendere dagli altri!