Avvocati 2.0: Intervista a Roberto Cataldi
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Gli avvocati di oggi hanno bisogno di digitalizzarsi per essere più competitivi? Abbiamo deciso di lasciare l’onere della risposta a un avvocato che ha fatto del Web la sua “seconda casa”: Roberto Cataldi, fondatore e direttore del quotidiano giuridico StudioCataldi.it.
Nel 2004 Roberto Cataldi è stato il primo avvocato in Italia a scegliere di introdurre Segretaria24 nel proprio Studio Legale, servizio che – andiamo fieri di sottolinearlo – ancora utilizza con soddisfazione. Alla professione forense ha sempre affiancato l’attività di divulgatore e curatore di pubblicazioni giuridiche. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo “Il fascino del potere” (Armando Editore, 1999), “Lo sguardo dell’innocenza” (Armando Editore, 2005) e “Il diritto e le libertà morali” (Termanini, 2009).
Abbiamo intervistato l’Avvocato Roberto Cataldi chiedendogli di raccontarci la sua esperienza di „avvocato sul Web“ e di approfondire la questione del rapporto tra la professione forense e l’uso delle nuove tecnologie. Buona lettura.
Avvocato Cataldi, da dove viene la sua passione per il Web e come è nato “StudioCataldi.it”?
La mia passione per il web è nata non appena se ne è cominciato a parlare. E dato che sono sempre stato “assetato” di informazioni, per me internet è significato avere a disposizione un’immensa biblioteca.
Quanto alla nascita di “StudioCataldi.it”, la decisione di mettere a punto un quotidiano giuridico è nata nel 2001 dopo una breve vacanza a Bavaro Beach.
In quell’occasione conobbi alcuni italiani che avevano realizzato un portale di fotografia e lo avevano portato al successo. I primi suggerimenti su come creare un sito di qualità li ho avuti da loro. In particolare da Claudio Zamboni, che oltretutto poco tempo dopo è entrato a far parte del team di Google, e mi fece comprendere quelle che erano le logiche dei motori di ricerca che sono indispensabili per farsi trovare facilmente dai lettori.
Una volta apprese le regole di base, ho iniziato a dedicare gran parte del mio tempo a sviluppare questo progetto, facendo in modo che, in breve tempo, il quotidiano potesse raggiungere una grande visibilità e diventare un punto di riferimento in qualità nel mondo dell’informazione giuridica.
Oggi “StudioCataldi.it” è seguito da una vasta community di lettori, con più di 115 mila iscritti alla newsletter, 316 mila follower su Facebook e un traffico medio mensile che oscilla tra i 4 e i 5 milioni di pagine viste.
Con quasi 250 mila iscritti all’albo, oggi la professione forense è una delle più competitive nel panorama italiano. Pensa che gli avvocati di oggi abbiano bisogno di “digitalizzarsi“ per avere più chance di affermarsi professionalmente?
Direi proprio di sì. Oggi non si può più assolutamente fare a meno del digitale. E lo dico nonostante abbia iniziato a lavorare quando non c’erano né computer, né fax, né smartphone, e per fare le copie dei verbali di udienza bisognava portarsi la carta carbone. La tecnologia e la rete sono degli strumenti straordinari che, se ben utilizzati, possono aiutarci a liberare il tempo e a lavorare con maggiore efficienza.
Purtroppo spesso la tecnologia è stata utilizzata male. E per via di un sistema perverso di burocratizzazione del digitale, questi strumenti sono diventati molto meno agili di quanto potrebbero essere. Tanto per farle un esempio, il processo civile telematico, per come è stato concepito, non ha apportato un significativo risparmio di tempo. E, non si capisce per quale ragione, non è stata resa possibile, sin da subito, la partecipazione a distanza alle udienze.
Nel 2004 lei fu il primo avvocato ad avvalersi dei servizi di segretariato a distanza di Segretaria24. Quali erano le sue esigenze al tempo e cosa l’ha portata a fare questa scelta?
Il lavoro dell’avvocato non è fatto solo di contatti con i clienti. Ci sono momenti in cui è necessario concentrarsi nello studio di una controversia o nella redazione di scritti atti difensivi. In quei momenti è assolutamente necessario evitare distrazioni e se si viene interrotti da troppe telefonate, si rischia di fare un pessimo lavoro.
A volte i clienti chiamano il proprio avvocato per questioni che non rivestono carattere d’urgenza, altre volte il contatto immediato è una necessità effettiva. Con il servizio di segretariato a distanza ho avuto la possibilità di avere a disposizione una vera segretaria che pur non trovandosi fisicamente nel mio ufficio, può rispondere ai clienti sulla base delle mie istruzioni e relazionarmi in tempo reale inviandomi una email e un SMS. Se poi ci sono delle urgenze improrogabili, le chiamate mi vengono inoltrate a un numero riservato.
In ogni caso proprio sulla base delle annotazioni della segretaria a distanza, ho la possibilità di richiamare i clienti che mi hanno cercato non appena sono di nuovo libero.
A proposito dell’utilizzo di tecnologie innovative, come interpreta la recente modifica dell’art. 35 del Codice Deontologico Forense? Stiamo finalmente assistendo a un tentativo di abbandonare visioni anacronistiche e conservatrici legate alla professione dell’avvocatura?
Direi che si è trattato di modifiche essenziali. Diversamente, si sarebbe lasciato spazio solo a quegli avvocati che per farsi conoscere dedicano gran parte del loro tempo a un’intensa vita di società, iscrivendosi a circoli o associazioni, oppure facendo attività politica. Perché mai non si dovrebbe consentire a un bravo avvocato di pubblicizzare il proprio studio legale e di farsi conoscere con il mezzo che preferisce, anche sfruttando la rete?
La nuova versione dell’art. 35 consente ora ai legali di fornire informazioni sulla propria attività professionale, con ogni mezzo, fermo restando il rispetto dei doveri deontologici e il divieto di effettuare comparazioni ingannevoli o denigratorie. Ed è stata una conquista specialmente per i più giovani.
C’è un consiglio che si sente di dare ai giovani avvocati italiani?
Il consiglio che mi sentirei di dare è di essere più uniti come categoria per poter risolvere le tante problematiche che investono il mondo dell’avvocatura.
Anche se nell’immaginario collettivo gli avvocati sono visti come una sorta di casta di privilegiati, la realtà è ben diversa. Anzi, sembra proprio che gli avvocati non riescano a godere delle stesse tutele che sono invece prerogativa di altri lavoratori. Dobbiamo iniziare a comprendere che una mamma avvocato non è diversa da una mamma impiegato e che nel nome della libera concorrenza non si può avallare un sistema indecoroso di sfruttamento del lavoro di molti giovani colleghi.
Pensi che nel passaggio dalle tariffe professionali ai “parametri forensi” il guadagno degli avvocati si è sostanzialmente dimezzato con l’aggravante che l’eliminazione dei minimi tariffari ha scatenato una competizione al ribasso della quale hanno approfittato i c.d. clienti forti, banche, enti pubblici e assicurazioni. Perfino Equitalia aveva approntato per i propri legali una “convenzione capestro”, che prevedeva compensi “da fame”: con 50 euro per le liti di fronte al giudice di pace, a prescindere dal valore della controversia, e una forbice da 75 a 200 euro per cause di valore superiore a 500mila euro. È stato necessario l’intervento del Consiglio Nazionale Forense per convincere l’ente a “congelare” la convenzione e a sedersi davanti a un tavolo per definire la questione compensi.
Essere uniti può servire anche nei rapporti con i magistrati: bisogna iniziare a esigere maggiore rispetto. Un rispetto che deve essere reciproco, naturalmente. E bisogna anche battersi per contrastare quei comportamenti che denotano una scarsa considerazione per la categoria degli avvocati. Ad esempio si è diffuso tra molti magistrati il malcostume di fissare tutte le udienze alla stessa ora, senza fasce orarie. E molti giudici arrivano sistematicamente in ritardo senza tenere conto del fatto che così stanno rubando del tempo non solo agli avvocati, ma anche ai testimoni e alle altre parti del processo.
Insomma insieme si può fare tanto e si può anche esercitare qualche pressione sul legislatore per migliorare la drammatica situazione in cui versa la giustizia italiana. Le tante riforme che si sono susseguite nel corso degli ultimi anni si sono dimostrate inutili e a volte controproducenti. Credo che se fosse l’avvocatura a stilare il testo di una riforma forse le cose potrebbero funzionare meglio!
Non possiamo che trovarci d’accordo. Ringraziamo l’Avvocato Cataldi per questa piacevole e interessante conversazione, nella speranza che possa servire da spunto di riflessione agli altri professionisti del settore.